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Focus



Monitorare la malattia



I vantaggi offerti dalla biologia molecolare
Negli ultimi anni si è assistito, grazie all'avvento di nuovi farmaci, a un radicale cambiamento nella gestione dei pazienti affetti da leucemia mieloide cronica. Infatti, gli inibitori della tirosinchinasi, definiti farmaci intelligenti, agiscono in modo estremamente selettivo, inibendo l'attività di un enzima (la proteina di fusione BCR-ABL) coinvolto nel meccanismo di insorgenza della malattia, ma senza colpire le cellule sane. Tuttavia, grazie alle conoscenze in campo molecolare, non solo si è giunti all'attuazione di queste terapie innovative, ma anche alla realizzazione di test altamente sensibili da utilizzare sia nella fase di diagnosi, sia in quella di monitoraggio della malattia.

Controlli periodici
Monitorare correttamente il decorso della malattia è essenziale per verificare l'efficacia della terapia e poter, di conseguenza, intervenire tempestivamente in caso di fallimento della cura. Già nel 1998 gli esperti della Società Americana di Ematologia avevano stilato delle linee guida per il trattamento della leucemia mieloide cronica, ma a quell'epoca non erano stati inclusi nell'analisi gli inibitori della tirosinchinasi. Conseguentemente, le nuove raccomandazioni stilate da un gruppo di esperti appartenenti alla European LeukemiaNet nel 2006, e recentemente aggiornate (2009), hanno analizzato la situazione attuale basandosi sulle prove cliniche ad oggi disponibili, e hanno fornito importanti indicazioni sul tema dei test necessari per la valutazione della risposta alla terapia farmacologica nei soggetti affetti da leucemia mieloide cronica in trattamento con imatinib. E' così emerso che i test che valutano la risposta ematologica (cioè i consueti esami del sangue) dovrebbero essere eseguiti ogni due settimane fino al raggiungimento e alla conferma di una risposta ematologica completa (e successivamente ogni 3 mesi), mentre i controlli citogenetici, eseguiti sulle cellule del midollo osseo alla ricerca di quelle che esprimono il cromosoma Philadelphia, dovrebbero avvenire alla diagnosi, a 3 mesi e ogni 6 mesi fino all'ottenimento di una risposta citogenetica completa e, successivamente, ogni anno. Per quanto riguarda la risposta molecolare, la più importante per il monitoraggio della malattia, i test dovrebbero essere eseguiti con una frequenza trimestrale. Questa valutazione, che consente di verificare l'efficacia della terapia a lungo termine, si basa sull'identificazione del gene che codifica per la proteina BCR-ABL e mostra un'elevata sensibilità, in quanto è possibile individuare anche quantità molto piccole del trascritto. Un incremento dei livelli del trascritto di BCR-ABL, infatti, indica una diminuzione della risposta alla terapia, che spesso è la conseguenza di una mutazione. Questa tecnica molecolare, chiamata PCR (reazione a catena della polimerasi), permette, infatti, anche l'identificazione di eventuali mutazioni a carico del gene che codifica per la proteina anomala BCR-ABL, che potrebbero favorire l'instaurarsi di una vera e propria resistenza alla terapia, per cui una specifica dose del farmaco perderebbe nel tempo la sua efficacia. E' stato, inoltre, dimostrato che alcune mutazioni sono associate a un maggior rischio di recidiva, ma in molti casi è possibile identificarle alcuni mesi prima che ricompaia la patologia e, quindi, intervenire tempestivamente in modo tale che questo non si verifichi. Infine, è da sottolineare come questa metodica, non essendo invasiva, è accettata con più facilità da chi deve sottoporsi frequentemente a questo tipo di test. Gli esperti hanno anche affrontato il problema del monitoraggio nei pazienti in trattamento con gli inibitori di seconda generazione, per i quali i controlli dovrebbero seguire sostanzialmente lo stesso schema, valutando però l'opportunità di un monitoraggio più precoce e più frequente vista la maggiore rapidità di risposta con questi farmaci.

Il razionale
La necessità di eseguire il test molecolare ogni tre mesi è correlata al decorso della patologia stessa, che può variare nel tempo. Infatti, malgrado l'efficacia e la specificità dei nuovi farmaci, uno dei maggiori problemi per i pazienti con leucemia mieloide cronica è rappresentato dalla comparsa di resistenze e intolleranze alla terapia. Tuttavia, eseguendo controlli frequenti, è possibile identificare tempestivamente questi casi e, quindi, cambiare immediatamente il tipo di cura per garantire ai pazienti la miglior qualità di vita possibile. Inoltre, il test molecolare, rilevando la presenza di livelli anche molto bassi del gene anomalo bcr/abl, consente di prevenire la comparsa di recidive. I pazienti possono, quindi, ricevere il trattamento più indicato, che, però, potrà essere sostituito in caso di fallimento. La possibilità di accedere a terapie mirate efficaci insieme a un costante monitoraggio del quadro clinico permette, poi, alla maggior parte dei pazienti leucemici di ritardare notevolmente il momento in cui diventa indispensabile un trapianto di midollo, l'unico intervento possibile prima dell'avvento degli inibitori della tirosinchinasi. Infine, la frequenza trimestrale con cui, secondo gli esperti, dovrebbero essere eseguiti i test molecolari, è giustificata anche alla luce del rapporto costo-beneficio. Infatti, anche se queste indagini risultano costose e richiedono la disponibilità di attrezzature sofisticate, non sono paragonabili dal punto di vista economico al costo della terapia, che in genere risulta nettamente maggiore. E che quindi va impiegata nel modo più efficace possibile.

Bibliografia

Baccarani M et al. Chronic myeloid luekemia: An update of concepts and management recommendations of European LeukemiaNet. J Clin Oncol 2009, 27: 6041-51.

Menif S et al. Quantitative detection of bcr-abl transcripts in chronic myeloid leukemia. Pathol Biol (Paris) 2008 Apr1

Jabbour E et al. Molecular monitoring in chronic myeloid leukemia: response to tyrosine kinase inhibitors and prognostic implications. Cancer 2008 May 15; 112 (10): 2112-8

Baccarani M et al. Monitoring treatment of chronic myeloid leukemia. Haematologica. 2008 Feb; 93 (2): 161-9

Ultimo aggiornamento: Ottobre 2010



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