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Focus



Inibitori di seconda generazione



Una valida alternativa
I progressi avvenuti nel campo della biologia molecolare hanno rivoluzionato il trattamento dei pazienti affetti da leucemia mieloide cronica.
In passato, infatti, le principali strategie terapeutiche erano costituite dall'impiego di farmaci che agivano in modo simile ai chemioterapici, eliminando le cellule danneggiate, ma non selettivamente, provocando, di conseguenza, effetti collaterali anche importanti. Risultati incoraggianti si sono, invece, ottenuti con l'utilizzo di imatinib, il primo farmaco TK-inibitore, che agisce bloccando l'attività di una proteina anomala prodotta dal gene bcr-abl, che rappresenta il principale meccanismo alla base della leucemia mieloide cronica.

Pro e contro
Numerosi studi clinici hanno dimostrato l'efficacia dell'imatinib nel trattamento dei pazienti affetti da leucemia mieloide cronica. Infatti, nella maggior parte dei casi, questa terapia induce una risposta citogenetica completa (CCR), cioè l'assenza delle cellule del midollo osseo che esprimono il cromosoma Philadelphia, sul quale è ospitato il gene bcr-abl. I risultati migliori si sono, però, ottenuti grazie a un attento e costante monitoraggio ematologico, citogenetico, ma sopratutto molecolare, che, tramite la ricerca della presenza del prodotto (trascritto, in termini tecnici) del gene bcr-abl, consente di verificare gli effetti della terapia a lungo termine.
Tuttavia, nonostante i successi ottenuti dall'imatinib, sia in termini di tolleranza, sia di tasso di risposta al trattamento, questo farmaco non è la risposta definitiva. In alcuni casi, i pazienti possono sviluppare resistenze o intolleranze verso questo farmaco, con conseguenze negative sul decorso della malattia.
I meccanismi alla base dell'insorgenza di una resistenza a imatinib possono essere dipendenti o meno dalla proteina BCR-ABL, ma spesso sono il frutto di una mutazione che induce un cambiamento strutturale della proteina che, così, non può più essere riconosciuta dall'inibitore specifico.
Per quanto riguarda l'intolleranza, da una recente indagine condotta in 216 pazienti, è emerso che nel 29% dei soggetti era necessario sospendere l'assunzione di imatinib e nel 26% di questi casi si assisteva a un'interruzione definitiva del trattamento. Tra i principali eventi avversi osservati vi sono: sintomi gastrointestinali, mialgia (dolori muscolari), artralgia (dolori articolari), affaticamento, comparsa di rash e mielosoppressione, cioè riduzione della capacità del midollo di produrre le cellule del sangue.

Superare i limiti
Come accade frequentemente, il manifestarsi di effetti collaterali induce i pazienti a diminuire la dose del farmaco, o a sospenderlo del tutto, spesso senza consultare lo specialista, con gravi conseguenze sul decorso della malattia.
Per ovviare ai limiti dell'imatinib, evitando una repentina interruzione della terapia, una strategia appropriata è il ricorso a inibitori tirosinchinasici di seconda generazione, di cui il dasatinib rappresenta il capostipite. Secondo quanto emerge da esperimenti condotti in vitro questo nuovo farmaco mostrerebbe un'attività 325 volte maggiore rispetto a quella dell'imatinib. Questo, probabilmente, perchè il dasatinib non solo inibisce l'attività della proteina BCR-ABL, ma anche quella di altre proteine oncogeniche, come quelle appartenenti alla famiglia SRC, anch'esse coinvolte nei meccanismi che inducono la leucemia mieloide cronica.
L'efficacia di dasatinib nei pazienti leucemici intolleranti o resistenti a imatinib è stata dimostrata in numerosi studi clinici, dai quali emerge che questo farmaco garantisce una risposta ematologica e citogenetica che persiste nel tempo, oltre a mostrare un elevato profilo di tollerabilità. Infatti, gli eventi avversi osservati, tra cui neutropenia o trombocitopenia, si sono dimostrati generalmente reversibili, o di lieve entità, come nel caso di disturbi gastrointestinali e ritenzione idrica. Oggi, grazie al dasatinib la percentuale di fallimenti nella terapia può essere enormemente ridotta, offrendo una seconda possibilità di condurre una vita normale anche a chi non ha ottenuto benefici dall'imatinib. E proprio la possibilità di offrire un'alternativa efficace rende ancora più importante che il paziente venga controllato periodicamente attraverso i test molecolari, come indicato dalle linee guida internazionali.

Bibliografia

  • Marshall HM et al.
    Treatment options in imatinib-resistant chronic myelogenous leukemia.
    Ann Pharmacother. 2008 Feb; 42 (2): 259-64

  • Ramirez P et al.
    Therapy options in imatinib failures.
    Oncologist. 2008 Apr; 13 (4): 424 - 34

  • Lee F et al.
    Overcoming kinase resistance in chronic myeloid leukemia.
    Int J Biochem Cell Biol. 2008; 40 (3): 334-43

Ultimo aggiornamento: Luglio 2008



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