Nella maggior parte dei pazienti, la LMC si presenta inizialmente come una malattia con scarsa sintomatologia (fase cronica), che spesso viene scoperta casualmente a seguito di esami del sangue eseguiti per altre ragioni. Questa fase cronica può durare un tempo variabile, prima dell'evoluzione verso stadi più avanzati e sintomatici di malattia, generalmente per alcuni anni, durante i quali il paziente presenta sostanzialmente disturbi molto lievi (come pesantezza addominale o una lieve anemia). Le maggiori limitazioni che possono riguardare la vita di chi è affetto da una LMC in fase cronica vengono dunque dal trattamento della malattia (necessario per ritardare o impedire l'evoluzione verso gli stadi blastici) più che dalla malattia in sè.
L'interferone-alpha
Prima dell'avvento degli inibitori tirosinchinasici, il trattamento della LMC in fase cronica era basato sull'uso dell'interferone-alpha (eventualmente associato a basse dosi di un farmaco citoriduttivo denominato ARA-C). Nella vita di tutti i giorni dei pazienti, ciò significava sottoporsi a iniezioni quotidiane di interferone (che deve essere somministrato per via sottocutanea) ed essere esposti ai numerosi effetti collaterali del farmaco, fra i quali vi sono stanchezza, dolori articolari, febbre e cefalea, con un notevole impatto sulla qualità della vita.
Gli inibitori tirosinchinasici e il miglioramento della qualità della vita
L'introduzione dell'imatinib ha avuto un effetto positivo anche su questo aspetto, trattandosi di un farmaco che può essere assunto per bocca e con minori effetti collaterali. Nello studio IRIS, che ha paragonato direttamente il trattamento con imatinib a quello con interferone più ARA-C, i pazienti in terapia con imatinib hanno riportato un miglior benessere generale e una più alta qualità della vita rispetto a quelli riceventi interferone. La vita dei pazienti con LMC in fase cronica è stata quindi radicalmente trasformata, divenendo molto simile a quella dei soggetti sani, a parte gli obblighi legati all'assunzione del farmaco e la necessità dei controlli periodici.
Tuttavia, per quanto bene tollerato, l'imatinib è comunque un farmaco che può determinare una sintomatologia non bene accetta dal paziente e degli effetti collaterali anche gravi, tanto che, nello stesso studio IRIS, si è registrato comunque un 5% di interruzione della terapia con imatinib per intolleranza al trattamento.
L'avvento degli inibitori di seconda generazione (dasatinib e nilotinib) ha offerto una ulteriore possibilità terapeutica per i pazienti che non tollerano la terapia con imatinib o che sono resistenti ad esso. Questi nuovi agenti sembrano essere associati con minori effetti collaterali, particolarmente quelli gravi, e possono rappresentare un ulteriore miglioramento nella qualità di vita dei pazienti con LMC. In particolare, dasatinib non sembra presentare tossicità crociata con imatinib, e i pazienti che hanno sperimentato disturbi con quest'ultimo farmaco, specie di tipo ematologico, possono essere trattati in sicurezza con dasatinib.
La vita con gli inibitori di nuova generazione
Anche se assumono una terapia orale e con effetti collaterali scarsi, i pazienti con LMC in trattamento con i nuovi inibitori devono rispettare alcune precauzioni. L'assunzione delle compresse, nel caso di nilotinib, è legata all'introduzione di cibo (proibita due ore prima e una ora dopo l'assunzione del farmaco, che avviene due volte al giorno). Dasatinib permette una maggiore flessibilità da questo punto di vista, poichè l'unica somministrazione giornaliera è indipendente dall'assunzione di cibo e può essere eseguita in qualunque momento della giornata. I pazienti devono ricordare di non saltare la dose giornaliera e, in caso questo avvenisse, di non cercare di rimediare raddoppiando la dose successiva. Un altro punto che chi assume inibitori tirosin-chinasici deve ricordare è di non prendere alcun medicinale, inclusi i prodotti da banco, le vitamine e gli integratori, senza aver consultato il proprio medico curante. Diversi farmaci (fra cui ad esempio gli antiacidi e gli inibitori di pompa protonica) possono interferire con il funzionamento degli inibitori, riducendone o potenziandone di effetti. Inoltre, vanno riferiti al medico tutti i disturbi, anche lievi, che dovessero eventualmente insorgere (quali sanguinamenti, febbre, aumento di peso o rash cutaneo) così da poterne valutare la potenziale relazione con la terapia.
Un capitolo nuovo, legato al miglioramento delle possibilità terapeutiche, è quello delle gravidanze nelle pazienti con LMC in fase cronica. Gli inibitori tirosinchinasici non possono essere assunti in gravidanza e durante l'allattamento e le pazienti dovrebbero prendere adeguate misure contraccettive. Tuttavia, alcune gravidanze portate avanti con successo sono state riportate in donne che avevano ottenuto una buona risposta al farmaco e che hanno sospeso temporaneamente il trattamento durante il periodo interessante. È possibile che anche questo aspetto della vita dei pazienti con LMC sia destinato ad evolvere nel prossimo futuro.
Al di là di queste precauzioni, la vita di chi è affetto da LMC non è sostanzialmente diversa oggi da quella dei soggetti non malati, così come progressivamente più simile a quella della popolazione generale sta diventando l'aspettativa di vita, traguardo difficilmente immaginabile fino a pochi anni orsono.
Referenze:
Ultimo aggiornamento: Aprile 2011