La terapia della leucemia mieloide cronica (LMC) è stata rivoluzionata dall'utilizzo degli inibitori delle tirosin-chinasi (TKI). In precedenza, infatti, nei pazienti non avviabili a trapianto allogenico di midollo rimaneva come unica opzione terapeutica l'alfa-interferone, mal tollerato e con tassi di risposta non soddisfacenti.
Il primo TKI a essere utilizzato è stato imatinib, seguito negli anni successivi dagli inibitori delle tirosin-chinasi di II generazione.
Tutti questi farmaci sono in generale ben tollerati e gli studi eseguiti in passato hanno dimostrato come non vi sia una importante cross-intolleranza fra di essi. Tuttavia, la comparsa di effetti collaterali in corso di terapia deve essere attentamente valutata dal medico.
La definizione di intolleranza a imatinib non è univoca nella comune pratica clinica. Il National Comprehensive Cancer Network e la maggior parte degli studi clinici utilizzano i Common Toxicity Criteria per definire la gravità degli eventi avversi che avvengono in corso di terapia. Secondo tali criteri, gli effetti collaterali vengono definiti di grado lieve (grado I-II) e di grado moderato e grave (grado III-IV); essi, tuttavia, sono in genere studiati per identificare la tossicità acuta di un particolare farmaco e il grado è spesso basato sulla gravità e sul livello di intervento richiesto. Il trattamento con inibitori delle tirosin-chinasi nei pazienti affetti da leucemia mieloide cronica è, invece, una terapia cronica a lungo termine, molto diversa da un programma chemioterapico breve e a cicli. Per esempio, un evento come la diarrea o i crampi muscolari di grado lieve è accettabile in corso di un breve programma chemioterapico, ma risulta inaccettabile se diventa cronico per settimane, mesi o addirittura anni. Inoltre, i singoli individui hanno sensibilità diverse e diversi livelli di accettabilità per i diversi gradi di effetti collaterali.
Nello studio IRIS, che per primo ha confrontato imatinib con la terapia tradizionale allora in uso, a 5 anni il 4% circa dei pazienti ha sospeso imatinib per intolleranza. Gli effetti collaterali ematologici sono risultati i più comuni, con il 45-61% dei pazienti che ha sviluppato anemia, leucopenia o piastrinopenia. I più comuni effetti collaterali non ematologici sono risultati essere l'edema superficiale (56% dei casi), la nausea (44%), i crampi muscolari (38%) e il rash cutaneo (34%).
Gli effetti collaterali in corso di imatinib in genere insorgono abbastanza precocemente nel corso del trattamento (0-18 mesi), proprio nel momento in cui è critica la valutazione della risposta citogenetica e molecolare alla terapia. Secondo le raccomandazioni dell'European LeukemiaNet (ELN), infatti, il paziente è in risposta ottimale se raggiunge una risposta citogenetica completa e una risposta molecolare maggiore rispettivamente a 12 e a 18 mesi dall'inizio e tale risposta deve essere mantenuta nel tempo.
Gli studi eseguiti in passato hanno dimostrato come i pazienti, risultati intolleranti a imatinib, siano stati in grado di ottenere ottimi tassi di risposta citogenetica e molecolare maggiore se trattati con inibitori delle tirosin-chinasi di II generazione come terapia di II linea. Su questa base, le stesse raccomandazioni dell'ELN consigliano di cambiare trattamento con passaggio ad essi in caso di intolleranza a imatinib.
La comparsa di un effetto collaterale, anche non grave, ma persistente nel tempo nonostante adeguata terapia medica, può compromettere la qualità di vita del paziente influenzando l'aderenza alla terapia anche in modo rilevante. È stato infatti dimostrato che l'assunzione non regolare del farmaco influenza negativamente l'efficacia. Cruciale a tale scopo il colloquio medico-paziente costante e franco. Infatti solo la piena conoscenza da parte del medico di tutto il quadro clinico del paziente, non solo in termini di efficacia, ma anche di tollerabilità del farmaco può consentire di scegliere la terapia migliore per "quel" paziente.
A tutt'oggi, pertanto, oltre a un attento monitoraggio della risposta, occorre una corretta valutazione della tolleranza a imatinib in modo da consentire, in caso di intolleranza, lo shift anche precoce a inibitori delle tirosin-chinasi di II generazione. Solo in questo modo è possibile garantire a ogni paziente la migliore terapia al fine di ottenere la risposta ottimale nei tempi previsti dalle raccomandazioni ELN.
Bibliografia
Testo a cura di
Patrizia Pregno, M.D.
S.C. Ematologia 2 (Dr Vitolo)
Az. Ospedaliera S.Giovanni Battista (Molinette)