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LMC: vita sessuale e gravidanza



Dall'introduzione di una terapia specifica mirata al ripristino del normale funzionamento delle cellule leucemiche la prognosi e la qualità di vita nei pazienti affetti da leucemia mieloide cronica (LMC) è mutata completamente.

I pazienti che rispondono in maniera ottimale alle terapie con inibitori delle tirosin-chinasi (imatinib e inibitori di II generazione, dasatinib e nilotinib) hanno un'aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione non leucemica di pari età.

Nella casistica italiana del GIMEMA LMC (il gruppo cooperatore italiano che raccoglie la maggior parte dei centri che si occupano di questa patologia), dal 2002 al 2007 sono stati registrati 600 casi di nuova diagnosi, il 48% dei quali riguardava pazienti in età fertile. Considerati quindi i progressi fatti dalla terapia, che si spera miglioreranno ancora in futuro, la possibilità di avere una normale vita sessuale e, di conseguenza, di procreare, è un qualcosa che deve essere tenuto in considerazione, affrontato già al momento della diagnosi e non precluso, ma inserito in una programmazione terapeutica che andrà di pari passo con il prosieguo del trattamento.

Per quanto riguarda una possibile influenza della terapia sulla vita sessuale sono stati fatti alcuni studi a riguardo, uno anche a livello nazionale, per pazienti di sesso maschile in trattamento con imatinib tramite questionari anonimi e dosaggi ormonali. È stato descritto in alcuni pazienti, soprattutto in età più avanzata una lieve riduzione del desiderio (di cui però non è chiara la componente psicologica) e un'aumentata incidenza di deficit erettivo, comunque risolvibile con terapia farmacologica dopo valutazione urologica. Non sembra che la terapia influenzi la vita sessuale in pazienti di sesso femminile.

La gestione dei pazienti affetti da LMC, specie di sesso femminile, che vogliono concepire un figlio, è stata recentemente oggetto di estremo interesse.

Non esistono al momento linee guida condivise, per cui è molto importante fare riferimento a centri che abbiano grande esperienza nella diagnosi e cura di questa patologia e che possano anche appoggiarsi ad altri specialisti del settore sia per quanto riguarda la sessualità ed eventuali problemi legati alla terapia (urologo, ginecologo), sia per quanto riguarda il concepimento e la gravidanza (ginecologo, neonatologo).

Le informazioni sugli effetti dei farmaci sui gameti e sull'embrione provengono dagli studi di tossicità su animali esposti agli inibitori delle tirosin-chinasi e sui dati della letteratura in casi di gravidanze/concepimenti in pazienti sia di sesso maschile sia di sesso femminile in corso di terapia. Ovviamente la più grande esperienza riguarda imatinib, ed è principalmente a questo farmaco cui faremo riferimento.

Negli studi preclinici su topi è stato dimostrato che imatinib non è genotossico, non agisce quindi sul corredo genetico delle gonadi (ovociti e spermatozoi), sempre nei topi non ci sono alterazioni del processo di spermatogenesi (cioè di formazione degli spermatozoi), mentre a dosaggi corrispondenti a quelli terapeutici nell'uomo di 400 mg al giorno, ci possono essere alterazioni embrionali.

I danni descritti riguardano principalmente l'apparato scheletrico e il sistema nervoso centrale, nonchè un aumentato numero di aborti spontanei.

Per quanto riguarda i dati sull'uomo, al momento sono stati riportati circa 204 casi di concepimenti/gravidanze in pazienti di sesso femminile. Per l'81% di questi sono disponibili dati sull'esposizione del feto al farmaco.

Il 67% di questi casi è stato esposto a imatinib nel primo trimestre (di cui 5 casi esposti sia durante il primo sia durante il secondo trimestre), il 23% è stato esposto durante tutta la durata della gravidanza, mentre il 6% (10 pazienti) ha eseguito terapia solo dopo il primo trimestre di cui 8 pazienti dopo il secondo trimestre e 1 paziente solo nel corso delle ultime 4 settimane di gestazione, a feto formato.

In questa casistica è noto l'esito della gravidanza in 152 casi (74%). Di questi 152 casi, il 56% (pari al 73% delle gravidanze portate a termine) ha dato esito alla nascita di bambini normali, nel 23% è stata eseguita un'interruzione volontaria di gravidanza, mentre l'11,8% ha avuto un aborto spontaneo e il 6,5% ha presentato anomalie fetali. Le anomalie descritte erano, come già negli animali di laboratorio, anomalie di tipo scheletrico e neurologico, ipoplasia polmonare, agenesia renale, idrocefalo. Per quanto riguarda i difetti minori, sono stati descritti 2 casi di ipospadia, 1 caso di stenosi pilorica, palatoschisi e polidattilia.

Per quanto riguarda invece pazienti di sesso maschile, sono descritti in letteratura 70 casi in cui si era verificato un concepimento in corso di terapia con imatinib: in nessuno di questi sono stati riscontrati problemi nè di concepimento, nè di sviluppo della gravidanza, nè di parto o di sviluppo del bambino, confermando quanto già evidenziato negli studi preclinici in cui non erano state notate alterazioni della spermatogenesi.

Molti meno casi sono descritti per gli inibitori di seconda generazione, per cui al momento deve essere usata molta cautela, soprattutto per quanto riguarda pazienti di sesso femminile.

Che cosa si può affermare, quindi, sulla base di queste informazioni?

Intanto che per quanto riguarda i concepimenti in pazienti di sesso maschile non sembra ci siano problemi nè riguardo il concepimento stesso, nè per il bambino, anche se è sempre richiesta cautela, specie con i nuovi inibitori, data la scarsità di dati.

Diverso è il discorso per quanto riguarda pazienti di sesso femminile che si trovano ad affrontare una gravidanza inaspettata, o che vorrebbero programmare una gravidanza.

Malgrado siano descritte più del 50% di gravidanze poi portate a termine senza problemi in pazienti esposte a imatinib in corso di concepimento e soprattutto durante i primi mesi di gestazione, è dimostrato che il farmaco crea problemi anche importanti sullo sviluppo del feto. Non è quindi consigliata una gravidanza in corso di trattamento e deve essere suggerita una contraccezione adeguata nelle pazienti fertili.

Se malgrado ciò dovesse verificarsi una gravidanza, va valutato insieme con la paziente il rapporto rischio/beneficio su base individuale.

La terapia deve essere interrotta il prima possibile, per evitare l'esposizione del feto al farmaco. A questo riguardo va ricordato che il periodo più critico va dalla 5a alla 12a settimana di gestazione quando avviene l'organogenesi (21-71 gg dopo il concepimento, valutato al 14-15o giorno del ciclo), quindi se si esegue il test appena si manifesta il ritardo in genere si ha il tempo di interrompere la terapia prima del periodo critico.

Ovviamente l'interruzione della terapia dovrebbe poi proseguire per tutta la durata della gravidanza, leucemia melodie cronica permettendo.

Cosa succede se la paziente presenta una perdita di risposta molecolare, citogenetica, o addirittura ematologica per effetto della sospensione del farmaco?

Ci sono alcuni farmaci alternativi che possono essere utilizzati in gravidanza e che non creano problemi (primo fra tutti l'interferone), inoltre sembra che imatinib e i suoi metaboliti attraversino scarsamente la placenta, quindi una sua somministrazione dopo il II trimestre a organi formati può in casi estremi essere presa in considerazione, sempre valutando strettamente il rapporto rischio beneficio per madre e nascituro.

Per quanto riguarda il timore che una perdita di risposta dopo sospensione comporti una mancata risposta successiva, bisogna dire che, nelle casistiche riportate, in tutte le pazienti rispondenti a imatinib, che hanno sospeso il farmaco per la gravidanza, perso uno o più livelli di risposta e ripreso poi terapia ad espletamento del parto o in prossimità di questo, c'e stata di nuovo risposta e ritorno ai valori pre gravidanza.

Nell'ambito di una gestione ottimale di mamma e bambino, è quindi auspicabile pianificare la gravidanza, e opportuno seguire alcune indicazioni:

  • suggerire l'inizio di una gravidanza non prima del conseguimento di una remissione molecolare maggiore o completa presente da almeno 12-18 mesi;
  • appoggiarsi a un team di ematologi, ginecologi, ostetrici e neonatologi in grado di aiutare la paziente a 360°, dal pre-concepimento al parto, alle prime settimane di vita del bambino;
  • eseguire frequenti controlli sia per confermare l'avvenuto concepimento e interrompere precocemente la terapia evitando qualsiasi tipo di esposizione all'embrione, sia per monitorare lo status della remissione materna.

In conclusione

La vita sessuale non risulta essere influenzata dai trattamenti eccetto nei pazienti di sesso maschile di età più avanzata, ed in genere questi problemi sono risolvibili con terapia urologica.

La pianificazione di una gravidanza/concepimento in pazienti in età fertile affetti da LMC in terapia con inibitori deve essere considerata e discussa già al momento della diagnosi.

Nei pazienti di sesso maschile non sembra ci siano problemi anche in corso di trattamento, mentre l'esposizione dell'embrione-feto al farmaco, specie durante il primo trimestre, può comportare gravi danni allo sviluppo del bambino.

Per questo è suggerita un'attenta informazione alle pazienti di sesso femminile e una pianificazione dell'evento. In caso di gravidanza inattesa, le singole opzioni devono essere valutate considerando la storia clinica della paziente, il periodo di esposizione al farmaco e, ovviamente, la volontà della paziente stessa.


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Bibliografia

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  • Sorà F, De Matteis S, Bajer J, et al. Persistence of molecular remission troughout pregnancy in CML after imatinib. Leuk Res 2009;33(6):e6-7.

Testo a cura della Dott.ssa Elisabetta Abruzzese
Ematologia, Ospedale S. Eugenio
Universita' Tor Vergata
Piazzale dell'Umanesimo 10


Pubblicato il 30 Novembre 2012.


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