Home    Contatti    Mappa    Cerca
Home page





Pillole dagli esperti



Gestione degli effetti collaterali di grado 1-2 indotti dai TKI



Nei pazienti affetti da leucemia mieloide cronica (LMC), gli inibitori di seconda generazione hanno consentito di ottenere risposte più rapide e più profonde rispetto a omatinib, seppur con profili di tossicità variabili a seconda delle differenti molecole. Pertanto devono essere compiuti degli sforzi per minimizzare questi effetti collaterali e migliorare la qualità di vita dei pazienti.

Gli effetti collaterali sono un fattore importante per la compliance al trattamento. Infatti in una terapia cronica, come è attualmente quella della LMC, gli effetti collaterali, anche se di grado 1-2, ma persistenti, possono diventare intollerabili per il paziente, tenendo anche conto delle differenti soglie di accettabilità degli effetti collaterali. Una ridotta compliance al trattamento ovviamente limita l'efficacia del farmaco stesso. L'intolleranza può essere definita come una qualsiasi combinazione di effetti collaterali non ematologici di qualsiasi grado - che persistono nonostante la messa in atto della terapia di supporto - che a giudizio del medico e del paziente compromettono la qualità di vita in maniera tale da giustificare il cambio di inibitore, tenendo conto che lo scopo finale è la guarigione.

Attualmente, con la disponibilità di ben tre inibitori, è opportuno valutare l'efficacia e il profilo di sicurezza di ognuno di essi in modo da assicurare la migliore opzione terapeutica a ogni paziente. Gli effetti collaterali degli inibitori delle tirosin-chinasi (TKI) sono, nella maggior parte dei casi, il prodotto dei loro effetti off-target.

Effetti collaterali ematologici

La mielosoppressione può essere presente soprattutto nelle fasi iniziali di trattamento ed è stata ricondotta al grado di inibizione di c-kit. Sappiamo infatti che tutti i TKI inibiscono c-kit, che, come è noto, è indispensabile per lo sviluppo delle cellule midollari normali, essendo il suo recettore presente già sulla staminale emopoietica e nei committed mieloide e linfoide e nei precursori mieloidi. Allo stesso modo anche le chinasi Src, inibite da dasatinib, sono parte di segnali chiave nello sviluppo dell'emopoiesi normale. Secondo alcuni autori è possibile che la citopenia rifletta una ridotta riserva midollare di emopoiesi normale Ph, che non potrebbe così ricostituire le conte periferiche.

Gli effetti collaterali ematologici, quali anemia, piastrinopenia e leucopenia, in genere più frequenti all'inizio del trattamento, possono essere gestiti modulando il dosaggio del farmaco (sospensione temporanea e/o riduzione), sino a ripresa dei valori normali, secondo schemi appropriati in funzione del grado di tossicità. È utile anche una terapia di supporto, per esempio i fattori di crescita come l'eritropoietina in caso di anemia, soprattutto nei pazienti anziani.

Effetti collaterali non ematologici

Ritenzione di liquidi

L'inibizione del fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGFR), mostrata da tutti e tre gli inibitori, induce ritenzione di liquidi e infiammazione delle sierose, attraverso cambi di pressione interstiziale e omeostasi dei liquidi tra il compartimento vascolare e lo spazio extracellulare. Questi cambi potrebbero spiegare lo sviluppo di edema e l'occupazione del cosiddetto terzo spazio da parte dei liquidi, rendendoli indisponibili al sistema circolatorio.

Imatinib induce edema periorbitario, l'effetto collaterale più frequente e persistente nei pazienti trattati. In genere una dieta con riduzione di sodio, l'assunzione periodica di diuretici e cortisonici e fenilefrina topici possono ridurne in parte l'entità.

In genere i pazienti anziani e quelli con patologie cardiache o con insufficienza renale possono più frequentemente andare incontro a ritenzione di liquidi. La ritenzione di liquidi è invece rara con nilotinib.

Il versamento pleurico è un effetto collaterale correlato al trattamento con dasatinib. Lo studio di fase 2 034, condotto in pazienti intolleranti e/o resistenti a imatinib, ha mostrato come il dosaggio di 100 mg/die in unica somministrazione riduca in maniera significativa l'incidenza di versamento pleurico, mantenendo l'efficacia terapeutica di dasatinib. L'inibizione del PDGFR da sola però non può giustificare il versamento pleurico. È probabile infatti che l'inibizione combinata di Src, che influenza la permeabilità vascolare, e di PDGFR, che influenza la pressione interstiziale dei liquidi e la permeabilità vascolare, possa determinare il versamento. In questa evenienza è molto importante valutare precocemente i sintomi e i segni respiratori, per cui è opportuno sensibilizzare il paziente sull'eventuale comparsa dei sintomi. Tale effetto collaterale è stato riportato più frequentemente nei pazienti trattati con Dasatinib in seconda linea, mentre nello studio di prima linea DASISION l'incidenza è stata del 14,3% a 24 mesi, in maggior parte di grado 1/2.

Rilevata la presenza di versamento pleurico occorre effettuare una radiografia del torace, anche in decubito laterale, ed eventualmente un'ecografia toracica. Se il versamento è classificato di grado 1-2 è bene interrompere il trattamento e iniziare terapia con diuretici e steroidi. Infatti è importante tener presente che, poichè nella maggior parte dei casi il versamento è un essudato, le superfici pleuriche sono direttamente interessate e responsabili del versamento. Se l'effetto collaterale e di grado >2 si valuta la possibilità di effettuare una toracentesi evacuativa, insieme alla terapia con diuretici e steroidi, oltre alla sospensione temporanea del farmaco. In entrambi i casi, una volta risolto il versamento, la terapia con dasatinib può essere ripresa, con un attento follow-up.

Un aspetto interessante da sottolineare nella maggior parte dei pazienti trattati con dasatinib che presentano versamento pleurico è la linfocitosi. Questo fenomeno, anch'esso effetto off-target di dasatinib, da un lato supporta l'ipotesi immuno-mediata formulata per il versamento pleurico, dall'altro l'effetto immunomodulatore di dasatinib nell'espansione dei linfociti T citotossici e linfociti NK potrebbe potenziare l'effetto antileucemico da inibizione di BCR/ABL e determinare anche un controllo indiretto del clone. Lo studio randomizzato di confronto tra dasatinib e imatinib in prima linea DASISION ha evidenziato che i pazienti con versamento pleurico e linfocitosi presentano una migliore risposta al trattamento rispetto ai pazienti senza versamento. Anche in altri studi è stata sottolineata l'associazione tra linfocitosi e remissione complete e duratura.

Un altro importante fattore è la presenza di comorbilità. Nello studio italiano di Breccia, un versamento pleurico era presente più frequentemente nei pazienti con uno score di comorbilità >2. Altri fattori di rischio per versamento pleurico sono età avanzata, malattie cardiache e malattie autoimmuni.

Effetti collaterali metabolici

Durante la terapia con TKI sono state riportate alterazioni dei parametri epatici, come transaminasi e bilirubina, o alterazioni delle lipasi e della glicemia. In particolare, lo studio ENESTnd, che aveva randomizzato pazienti affetti da LMC a ricevere nilotinib o imatinib, ha documentato un aumento di lipasi e amilasi di grado 3-4 nel 6-7% dei pazienti che ricevevano nilotinib. In questo gruppo di pazienti si sono avuti rari casi di pancreatite e nessun paziente ha dovuto sospendere il farmaco definitivamente. È opportuno comunque sospendere temporaneamente il farmaco e riprenderlo quando i valori ritornano al grado 1-2. È in ogni caso opportuno somministrare con cautela nilotinib in pazienti con pregressa pancreatite.

In questo studio sono stati anche riportati rialzi modesti delle transaminasi, rientrati dopo breve sospensione del farmaco. Altro effetto collaterale significativo nei pazienti trattati con nilotinib è stato l'aumento della bilirubinemia. Tale effetto si è rivelato transitorio e a comparsa precoce. L'aumento è prevalentemente della bilirubina non coniugata e potrebbe essere associato al polimorfismo di UGT1 A1*28, enzima chiave nel processo di coniugazione della bilirubina. Tuttavia, polimorfismi del gene che codifica per uridine diphosphate glucuronosyltransferase 1A1, che predispone alla sindrome di Gilbert, possono determinare la suscettibilità di nilotinib a indurre iperbilirubinemia.

Tutto questo ovviamente supporta l'ipotesi che non vi sia epatotossicità indotta dal farmaco. La tossicità epatica può essere gestita con la riduzione o la sospensione temporanea del farmaco, anche se spesso queste alterazioni sono autolimitantisi. È buona norma comunque valutare periodicamente, soprattutto all'inizio del trattamento con nilotinib, la funzionalità epatica.

Nei pazienti trattati con nilotinib è stato segnalato anche un aumento della glicemia. Sempre nello studio ENESTnd, l'iperglicemia era presente nel 38-40% dei pazienti, ma solo nel 6% era di grado 3-4. Nessun paziente ha sospeso il farmaco definitivamente. Anche i pazienti diabetici hanno mostrato aumento dei livelli di glicemia nel 78% dei casi, senza però la necessità di modificare la terapia antidiabetica. È importante seguire uno stretto follow-up in questo tipo di pazienti durante l'assunzione di nilotinib. La patogenesi di questo effetto è probabilmente da riferire all'interazione fra le inibizioni determinare da questi inibitori, il trasporto del glucosio e il metabolismo.

Altri effetti collaterali non ematologici

Il rash cutaneo rappresenta l'effetto collaterale più frequente (30-36%), in genere di grado 1-2, nei pazienti trattati con nilotinib. Di solito è autolimitantesi e può essere gestito con antistatici o steroidi topici, ma nei casi più severi può essere controllato riducendo temporaneamente la dose.

Dasatinib è stato associato a sanguinamento, effetto in genere legato alla severa piastrinopenia e più frequente nei pazienti in fase avanzata. Infatti nei pazienti in fase cronica trattati con dasatinib 100 mg/die in unica somministrazione, sia in prima linea che in seconda linea, è riportata un'incidenza <1%. È comunque opportuno somministrare con cautela dasatinib nei pazienti con coagulopatie o in terapia anticoagulante.

Un altro effetto collaterale, poco ricordato ma presente in tutti i TKI soprattutto a lungo termine, è l'astenia, talvolta riferita come conseguenza dell'anemia ma costante, anche se di lieve entità.

Da non dimenticare è il fatto che gli inibitori di BCR/ABL sono substrato e anche inibitori di alcuni trasportatori di farmaci e di enzimi e/o inibitori del citocromo P4503A4: tutto questo può complicare il loro metabolismo. Infine è bene evitare la co-somministrazione con agenti che modulano l'attività di CYP3A4.

Conclusioni

Anche se in genere i TKI sono ben tollerati, esiste una buona percentuale di pazienti che presentano effetti collaterali. Il grading degli effetti collaterali definito dalla scala CTC si riferisce a tossicità acute, e valuta la tossicità in base alla severità dell'evento e agli interventi necessari per risolverli. La terapia della LMC invece è cronica, di lunga durata, per cui anche effetti di basso grado ma persistenti o ricorrenti possono determinare intolleranza nei pazienti, considerando anche la diversa soglia di accettazione dell'effetto collaterale. Questo aspetto è molto importante, poichè è determinante per l'aderenza del paziente alla terapia. Infatti la tossicità da farmaco può interferire con la sua efficacia in presenza degli effetti collaterali, in quanto l'aderenza del paziente alla terapia può diminuire, e quindi diminuisce di conseguenza anche l'efficacia del farmaco. Nel lavoro di Marin infatti i pazienti con un'aderenza <90% presentavano una risposta molecolare maggiore a 6 anni significativamente minore. Gli autori sottolineavano inoltre come i pazienti meno aderenti fossero quelli più giovani e con effetti collaterali.

Il profilo di tossicità dei TKI, in particolare di quelli di seconda generazione, presenta segni di specificità, avendo ognuno di essi caratteristiche di tossicità proprie. Prima di iniziare il trattamento è bene quindi valutare il profilo di tossicità del farmaco, le comorbilità del paziente e i farmaci concomitanti; durante il trattamentopoi è necessariovalutare e gestire al meglio gli effetti collateraliper ottenere il miglior risultato terapeutico, tenendo conto che scarsa compliance significa scarsa aderenza e quindi scarsa efficacia terapeutica.

Bibliografia

  • Deninger MW, Manley P. What do kinase inhibition profiles tell us about tyrosine kinase inhibitors used for the treatment of CML? Leuk Res 2011 Oct 11.
  • Giles FJ, O'Dwyer M, Swords R. Class effects of tyrosine kinase inhibitors in the treatment of chronic myeloid leukemia. Leukemia 2009;23:1-10.
  • Jabbour E, Deininger M, Hochhaus A. Management of adverse events in chronic myeloid leukemia. Leukemia 2011;25:201-10.
  • Panilla-Ibarz J, Cortes J, Mauro MJ. Intolerance to tyrosine kinase inhibitors in chronic myeloid leukemia. Cancer 2011;117:688-96.
  • Kantarjian HM, Shah NP, Cortes JE, Baccarani M et al. Dasatinib or imatinib in newly diagnosed chronic-phase chronic myeloid leukemia: 2-year follow-up from a randomized phase 3 trial (DASISION). Blood. 2012 Feb 2;119(5):1123-9.

   © LSWR 2013 - P.iva 08056040960
|   Home   |   Contatti   |   Mappa   |    Note legali   |    Privacy   |    Credits