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La terapia



La rivoluzione dei farmaci molecolari



Il trattamento dei soggetti affetti da LMC è stato rivoluzionato dall'avvento dell'imatinib, un inibitore competitivo delle tirosinchinasi, enzimi specifici la cui azione consiste nell'aggiunta di un gruppo fosfato (fosforilazione) ad un'altra molecola. Il farmaco agisce impedendo il legame tra l'enzima stesso e l'ATP, cioè la molecola da cui viene sottratto il gruppo fosfato interessato dalla reazione chimica. Nella LMC, la proteina prodotta dal gene anomalo BCR-ABL è anch'essa una tirosinchinasi, la cui attivazione continua è responsabile dell'"immortalizzazione" della cellula leucemica e quindi dello sviluppo della malattia. Grazie all'azione specifica dell'imatinib, che impedisce il funzionamento di questa proteina enzimatica anomala, presente solo nelle cellule leucemiche, si ha a disposizione un trattamento estremamente selettivo, che blocca la proliferazione delle cellule tumorali senza danneggiare le cellule sane, come accade invece con i farmaci convenzionali che agiscono a livello della replicazione cellulare.
Dall'anno in cui è divenuto disponibile in commercio, l'imatinib ha costituito la terapia di elezione nel trattamento dei pazienti con LMC.
Tuttavia, nonostante i vantaggi in termini di sopravvivenza, la maggiore tollerabilità rispetto all'interferone e l'elevato tasso di risposta al trattamento, alcuni pazienti divengono resistenti anche all'imatinib. Ciò avviene perchè il DNA delle cellule tumorali è altamente instabile e sviluppa delle mutazioni puntiformi, alterazioni della sequenza genica che a loro volta provocano una modificazione della sequenza di aminoacidi (cioè della struttura molecolare) nella proteina derivante dal gene coinvolto. Tali mutazioni determinano una variazione della proteina codificata da BCR-ABL, la cui struttura tridimensionale si modifica in modo tale che l'imatinib non è più in grado di interagire con essa, perdendo dunque la sua efficacia. Inoltre, in alcuni pazienti l'assunzione di imatinib è associata al verificarsi di eventi avversi e, quindi, all'impossibilità di proseguire la terapia.

Il superamento della resistenza all'imatinib
Negli ultimi anni, per superare i limiti correlati all'imatinib, i ricercatori biomolecolari hanno concentrato i propri sforzi nell'individuare nuove molecole selettive che siano efficaci anche nei pazienti con resistenza o intolleranza al farmaco.
Tra questi inibitori tirosinchinasici di seconda generazione c'è il dasatinib. Questo farmaco è oltre 300 volte più potente dell'imatinib nell'inibire la proteina BCR-ABL e gli studi in vitro hanno dimostrato che è attivo contro quasi tutte le mutazioni del gene BCR-ABL che determinano la resistenza all'imatinib (con l'eccezione della mutazione T315I). Ciò si riflette in una efficacia terapeutica anche nei soggetti con LMC resistenti o intolleranti alla molecola capostipite. L'efficacia del dasatinib è dovuta anche alla sua capacità di inibire l'azione di diverse altre chinasi con attività oncogenica (cioè responsabili di malattia), come quelle appartenenti alla famiglia SRC.
L'altro inibitore di seconda generazione approvato per il trattamento di seconda linea (nei pazienti che hanno fallito la terapia con imatinib) è il nilotinib, un inibitore di BCR-ABL più selettivo e circa 30 volte più potente dell'imatinib. Anche questo farmaco è attivo verso molte forme mutate del gene BCR-ABL, ma non verso la T315I.
I principali studi clinici condotti con dasatinib hanno dimostrato tutti l'elevata attività del farmaco. Le prime esperienze cliniche sono state condotte nei pazienti che avevano fallito il trattamento con imatinib, perchè resistenti o intolleranti al farmaco. Dopo un primo studio di dimensioni più contenute (84 pazienti), nel quale dasatinib si è rivelato in grado di indurre una risposta ematologica nel 92% dei pazienti con LMC in fase cronica e nel 70% di quelli in fase accelerata o blastica o con leucemia acuta con cromosoma Philadelphia, è stato intrapreso un più ampio programma di studi coordinati (programma START) che ha portato all'approvazione della molecola per questa categoria di pazienti. Tali studi hanno dimostrato che dasatinib induce una risposta ematologica completa nel 91% dei soggetti con malattia in fase cronica e che è efficace nel 64% delle LMC in fase accelerata e nel 34-42% delle LMC in fase blastica o delle leucemie acute con cromosoma Philadelphia. Un ulteriore studio, di cui sono stati molto recentemente pubblicati i risultati a lungo termine, ha confrontato fra loro diversi dosaggi del farmaco, evidenziando un tasso di risposta ematologica dell'87-92% e confermando inoltre la buona tollerabilità (la percentuale di interruzioni del trattamento per eventi avversi è stata del 4%) e l'alta efficacia di dasatinib alle dosi attualmente raccomandate (100 mg una volta al dì). Complessivamente, dasatinib si è confermato un trattamento estremamente efficace nei pazienti con LMC resistenti o intolleranti all'imatinib, nei quali appare una scelta terapeutica migliore rispetto all'imatinib ad alte dosi.
Anche nilotinib (che invece viene somministrato alla dose di 400 mg due volte al giorno) si è dimostrato efficace nei pazienti resistenti o intolleranti all'imatinib, permettendo di ottenere il 74% di risposte ematologiche complete nei casi con malattia in fase cronica in uno studio di fase II su 280 pazienti. I principali eventi avversi osservati sono stati rash cutaneo, nausea e prurito, oltre alla tossicità ematologica (anemia, trombocitopenia) con un 15% di interruzioni del trattamento per eventi avversi.
Anche in attesa di valutare i risultati a lungo termine, è innegabile che gli inibitori tirosinchinasici di nuova generazione rappresentano un ulteriore e significativo passo in avanti nel trattamento della LMC, che per la prima volta fa ipotizzare se non una cura definitiva per questa malattia almeno l'obbiettivo poter ottenere una sopravvivenza pari al 100% con una normale qualità della vita. Nel contempo, grazie alle moderne tecniche di biologia molecolare, sono in studio altri composti capaci anch'essi di agire selettivamente sulle cellule tumorali, che potrebbero offrire un'ulteriore speranza non solo a chi è affetto da LMC, ma anche a chi soffre di altre forme tumorali nella cui insorgenza sono coinvolte le proteinchinasi.

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Ultimo aggiornamento: Ottobre 2010



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