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La leucemia mieloide cronica



Una forma cronica a tre fasi



Al capitolo dei tumori del sangue appartiene la leucemia mieloide cronica (LMC), forma che colpisce ogni anno da 1 a 2 persone ogni 100.000 abitanti. Costituisce il 15-20% circa di tutte le leucemie dell'adulto e può insorgere in entrambi i sessi, anche se è leggermente più frequente nell'uomo che nella donna. La malattia può manifestarsi a ogni età, ma è rara sotto i dieci anni e solo il 10% dei casi interessa i soggetti di età compresa tra 5 e 20 anni. L'età media alla diagnosi è di 45-55 anni. La LMC origina nelle cellule mieloidi del midollo osseo, sede nella quale le cellule ematiche normalmente si formano a partire da elementi progenitori denominati blasti o cellule staminali. A causare la LMC è la moltiplicazione anomala di cellule staminali emopoietiche pluripotenti, cioè ancora in grado di proliferare e di differenziarsi; queste cellule, come indica l'aggettivo "mieloide", appartengono in primo luogo alla serie che porta alla formazione dei granulociti, un tipo di globuli bianchi. In conseguenza di questa eccessiva proliferazione si accumula un clone, cioè una popolazione omogenea, di granulociti immaturi nel midollo osseo e nel sangue. L'espansione clonale può riguardare anche altre serie cellulari, come quelle destinate alla produzione di megacariociti (con conseguente possibile trombocitosi), di monociti o anche di linfociti. Nella LMC, tuttavia, le cellule staminali normali non scompaiono del tutto e possono ricomparire dopo che il clone leucemico è stato soppresso con i farmaci.
Nella grande maggioranza dei casi la LMC sembra sia dovuta alla traslocazione reciproca di segmenti di DNA tra i cromosomi 9 e 22, con formazione del cosiddetto cromosoma Philadelphia (Ph), corrispondente ad un cromosoma 22 in cui si è creato il gene di fusione BCR-ABL. Questo gene codifica per una proteina che rende "immortali" i blasti, ed è quindi importante sia nella patogenesi della LMC sia nella sua espressione clinica.

La progressione in tre fasi
La fase iniziale della LMC èasintomatica e cronica. La sua durata può essere di mesi o anni, la durata mediana è di tre anni, ma si può arrivare a dieci. La progressione verso le fasi successive è subdola, da uno stadio "benigno" aspecifico con astenia (debolezza), anoressia, calo di peso, tensione addominale, sudorazione notturna, a fasi blastiche accelerate con forte espansione mieloide che causano manifestazioni cliniche importanti come splenomegalia (ingrossamento della milza), pallore, facilità alle ecchimosi e al sanguinamento, febbre, dolori ossei, linfoadenopatie, maculo-papule cutanee, sintomi che peggiorano con il progredire della malattia. In alcuni casi insorge una rapida fase secondaria mieloproliferativa, segnalata dal fallimento della terapia e dal peggioramento dell'anemia, alla quale segue una fase terminale con crisi blastiche e localizzazioni anche a carico di altre sedi, quali il sistema nervoso centrale e i linfonodi; in tale situazione c'è il rischio di complicanze improvvise, fulminanti, come sepsi ed emorragie, analogamente a quanto accade nella leucemia acuta. In altri casi si passa invece direttamente dalla fase iniziale cronica a quella blastica. Sintomi di natura neurologica e cerebrale (da vertigini e parestesie fino al coma), oculare (diplopia, edema pupillare) e polmonare (tosse, dispnea) insorgono come effetto dell'iperviscosità ematica, quando l'accumulo di globuli bianchi è particolarmente marcato. Nelle forme con trombocitosi possono verificarsi episodi trombotici, aggravati dall'iperviscosità. I voluminosi ingrandimenti della milza causano dolore addominale da compressione; l'iperuricemia (eccesso di acido urico nel sangue) può provocare manifestazioni gottose, mentre l'accumulo di cataboliti (prodotti di scarto del metabolismo) può associarsi ad anoressia, perdita di peso, sudorazione e febbre.

Stadi di durata diversa
Riassumendo, nella LMC il decorso è contrassegnato da tre fasi distinte: una fase cronica con situazione clinica stabile e assenza o rarità di sintomi; una fase accelerata che tipicamente insorge dopo 3-5 anni e nella quale si registra il peggioramento di tutti i parametri clinici ed ematologici; infine, una fase blastica nella quale si ha sostanzialmente una trasformazione in leucemia acuta. La prima fase, come detto, ha una durata molto variabile la cui mediana è di tre anni; ciò significa che metà dei malati va incontro alla crisi blastica entro i primi tre anni dalla diagnosi. Nella fase accelerata, che dura mediamente pochi mesi, si ha una perdita della risposta ai trattamenti standard. Nella fase blastica, in assenza di terapia la sopravvivenza è di poche settimane, ma anche nei malati sottoposti a trattamenti aggressivi la sopravvivenza mediana è di pochi mesi, poichè è difficile indurre una seconda fase cronica di stabilità.

Bibliografia

  • Manuale Merck. Edizione italiana, XVIII edizione, Springer.
  • Claudio Rugarli. Medicina interna sistematica. Masson, 2005.
  • Hoffman et al. Hematology - Basic principles and practice. Churchill Livingstone Elsevier, 2009.

Ultimo aggiornamento: Ottobre 2010



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