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Un nuovo test per predire la risposta a TKI di seconda generazione



Ora che per la terapia di prima linea della leucemia mieloide cronica (LMC) è possibile scegliere tra diverse opzioni terapeutiche, diventa importante disporre di strumenti in grado di individuare i pazienti che hanno maggiori probabilità di rispondere meglio ai diversi farmaci antitumorali disponibili, vale a dire imatinib o uno dei due inibitori delle tirosinchinasi (TKI) di seconda generazione autorizzati per l'impiego fin dalla diagnosi di LMC. Secondo un recente studio coordinato dell'Università di Lipsia (Germania), preziose informazioni a riguardo si possono ottenere con un test molecolare in grado di individuare e quantificare i livelli di una specifica mutazione chiamata T315I a livello del gene di fusione BCR/ABL, difetto genetico distintivo della LMC e bersaglio specifico sia di imatinib sia dei TKI di seconda generazione. Studi precedenti avevano già informato che la comparsa della mutazione T315I nelle cellule leucemiche si accompagna all'acquisizione della resistenza a tutte le terapie di prima linea disponibili. Tuttavia, la nuova ricerca informa che il grado di tale resistenza e, quindi, la risposta al trattamento con i diversi farmaci antileucemici somministrati in prima battuta variano in relazione alla quantità di cellule effettivamente mutate presenti nel sangue del paziente. In particolare, si è visto che se la quantità di alleli con la mutazione T315I evidenziabili analizzando il DNA delle cellule leucemiche con PCR (Polymerase chian reaction) è inferiore a una certa soglia, i TKI di seconda generazione continuano a essere efficaci, permettendo di ottenere una risposta molecolare maggiore (indicativa di un'adeguata azione farmacologica) in tutti i pazienti trattati in un periodo di 12 mesi. Quando si riscontrano bassi livelli di mutazione T315I, quindi, non c'è nessuna ragione di cambiare il trattamento in corso, passando a terapie di seconda linea meno collaudate. Il test con PCR per l'individuazione dell'allele mutato è risultato estremamente sensibile (92,9%) e specifico (87,5%) nel riconoscere i pazienti con LMC caratterizzati da buone probabilità di risposta ai TKI di seconda generazione, offrendo un mezzo predittivo affidabile che gli ematologi potranno sfruttare per pianificare meglio le terapie.

Fonte: Lange T et al. The quantitative level of T315I mutated BCR-ABL predicts for major molecular response to second line nilotinib or dasatinib treatment in patients with chronic myeloid leukemia. Haematologica, 2012; doi:10.3324/haematol.2012.068890 (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23065514)


Pubblicata il 29 Ottobre 2012.


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