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LMC: ora l'obiettivo è migliorare la qualità di vita



Un tempo, riuscire a tenere parzialmente sotto controllo la leucemia mieloide cronica (LMC) per qualche anno era considerato un sostanziale successo terapeutico. Ora che i farmaci inibitori delle tirosinchinasi (TKI) di prima e seconda generazione permettono di assicurare alla maggioranza dei pazienti una sopravvivenza prolungata, spesso sovrapponibile a quella dei coetanei privi della neoplasia, la sfida per oncologi è riuscire a calibrare la terapia antitumorale specifica e gli eventuali interventi di supporto in modo da assicurare alle persone che devono convivere con la LMC una buona qualità di vita. Purtroppo, raggiungere questo obiettivo e mantenerlo per anni non è sempre facile, sia perchè la malattia può evolvere in modo molto diverso da paziente a paziente, sia perchè i farmaci indispensabili per tenerla bada possono causare alcuni effetti collaterali, talvolta difficili da tollerare. I possibili fastidi associati al trattamento sono, peraltro, estremamente soggettivi, quindi non prevenibili optando a priori per un farmaco anzichè un altro. In proposito, però, studi recenti hanno fornito alcune preziose linee di indirizzo. Per esempio, oggi si sa che i pazienti che, fin dall'inizio, rispondono meglio a imitinib o ai due TKI di seconda generazione autorizzati in prima linea avranno meno probabilità di avere disturbi secondari severi anche in momenti successivi della terapia. In aggiunta, si è osservato che chi, dopo aver iniziato e poi interrotto il trattamento con imatinib a causa di un'insufficiente efficacia del farmaco o di eventi avversi, passa a un TKI di seconda generazione tende ad avere problemi di tollerabilità maggiori rispetto chi ha assunto fin dall'inizio questi ultimi. Intuitivamente, quindi, un sistema per ridurre il rischio di effetti collaterali e favorire una migliore qualità di vita potrebbe essere preferire un TKI di seconda generazione autorizzato in prima linea fin dall'avvio del trattamento. Un'altra avvertenza fondamentale per assicurarsi un benessere prolungato è assumere regolarmente i farmaci indicati dall'ematologo ai dosaggi corretti. Interrompendo la cura o seguendola in modo impreciso o discontinuo, infatti, si facilita la transizione della LMC dalla fase cronica (l'unica controllabile efficacemente a lungo termine) alle fase accelerata e a quella blastica, esponendosi al rischio di un rapido deterioramento clinico e a una significativa riduzione della sopravvivenza. A prescindere dal farmaco antileucemico assunto, poi, in caso di sintomi di malessere di qualunque tipo è importante far sempre riferimento al medico, evitando i rimedi fai-da-te. Soltanto in questo modo si potrà trovare la migliore soluzione al problema e vivere in modo più sereno.

Fonte: Trask PC et al. Health-related quality of life in chronic myeloid leukemia. Leuk Res, 2012; doi: 10.1016/j.leukres.2012.09.013. (http://www.lrjournal.com/article/S0145-2126%2812%2900386-4/abstract)


Pubblicata il 22 Novembre 2012


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