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Come e perchè eseguire il monitoraggio



Un concetto importante emerso nel trattamento della LMC in fase cronica è quello che l'entità e la rapidità della risposte ottenute rappresentano i fattori più importanti nel determinare l'andamento favorevole o meno della malattia. Oggi noi disponiamo di farmaci in grado di ottenere questo obbiettivo, una risposta profonda e rapida, nella maggioranza dei pazienti, rappresentati dall'imatinib e, nel caso in cui questo fallisse, dagli inibitori di seconda generazione (dasatinib, nilotinib). L'esecuzione periodica dei controlli ematologici, citogenetici e molecolari in grado di valutare rapidamente il tipo e il grado di risposta ottenuta durante il trattamento nella LMC ha lo scopo di permetterci di utilizzare al meglio queste armi terapeutiche, ricorrendo tempestivamente a quelle più efficaci nel singolo caso.

Come si effettua il monitoraggio
Nella pratica clinica, questo significa che dopo una diagnosi di LMC, e dopo aver iniziato il trattamento, al paziente verrà richiesto di eseguire degli esami periodici, che consisteranno in esami del sangue (per la valutazione della risposta ematologica) e in esami del midollo osseo. I prelievi di midollo osseo sono necessari perchè ancora oggi per la valutazione della risposta citogenetica le linee-guida internazionali raccomandano come test principale l'esecuzione di un esame di bandeggio dei cromosomi in metafase (citogenetica classica) su cellule midollari. Tuttavia, per limitare il disagio dei pazienti, è possibile, nei casi che ottengono una risposta citogenetica completa, ricorrere all'esame FISH, una tecnica di biologia molecolare che permette di valutare il numero di cellule Ph-positive presenti nel sangue periferico, e che quindi viene eseguita su un semplice esame del sangue. Ugualmente sul sangue periferico si attuano gli esami di PCR per la valutazione della risposta molecolare, anche questi da eseguire periodicamente.
Riassumendo, quindi, un paziente con una LMC di nuova diagnosi e che risponde in modo ottimale alla terapia, può aspettarsi di dover eseguire esami del sangue ogni 15 giorni per i primi 2-3 mesi e prelievi di midollo osseo ogni 3-6 mesi per il primo anno. Dopodichè, in assenza di segni clinici e di laboratorio di insorgenza di resistenza o di mutazioni, verrà sottoposto solo un prelievo di sangue periferico ogni 3 mesi, per valutare il mantenimento della risposta ematologica e molecolare.

Perchè è importante monitorare
Monitorare attentamente l'andamento della malattia nella LMC è importante per due ragioni: per avere una indicazione prognostica e per poter modificare tempestivamente la gestione clinica dei pazienti.
Dal punto di vista prognostico, è stato dimostrato che nei pazienti trattati con imatinib, il principale fattore clinico in grado di predire l'evoluzione favorevole o meno della malattia è l'ottenimento di una buona risposta citogenetica e molecolare nel tempo più breve possibile. Di qui l'importanza dei test di monitoraggio da eseguire precocemente per poter valutare precisamente l'efficacia della terapia.
Dal punto di vista clinico, nei pazienti che non dovessero rispondere in modo ottimale all'imatinib è possibile oggi passare ad un trattamento con inibitori di seconda generazione, più potenti e in grado di indurre risposte significative e rapide anche nei pazienti resistenti all'imatinib. Ad esempio, nei pazienti resistenti all'imatinib in fase cronica e che rispondono al dasatinib, il tempo medio necessario per ottenere una risposta citogenetica completa e una risposta molecolare maggiore con dasatinib è di 5,5 mesi. Valutare la risposta alla terapia con imatinib diventa quindi doppiamente importante, in presenza di valide alternative terapeutiche da impiegare nei pazienti che non presentano quadri clinici ottimali.

Monitorare precocemente
Le linee-guida più recenti suggeriscono di effettuare le prime valutazioni della risposta ematologica e citogenetica al trattamento con imatinib già a tre mesi dopo l'inizio della terapia, così da poter stabilire il più precocemente possibile se il paziente sta rispondendo al farmaco in modo ottimale o se si rende necessario valutare la possibilità di alternative terapeutiche, rappresentate dagli inibitori di seconda generazione. Per i pazienti la cui risposta all'imatinib è definita come fallimento dopo tre mesi di trattamento (cioè quelli che non hanno ottenuto almeno una risposta ematologica completa ed una risposta citogenetica almeno minore), l'indicazione è quella di sostituire l'imatinib con un inibitore di nuova generazione. Un monitoraggio puntuale e preciso permetterà di individuare tempestivamente pazienti che necessitano un cambio di terapia, prima che compaiano fattori prognosticamente sfavorevoli come mutazioni e progressione clonale (insorgenza di altre alterazioni cromosomiche oltre al Ph).

Bibliografia:

  • Baccarani M et al. Chronic myeloid leukemia: an update of concepts and management recommendations of European LeukemiaNet. J Clin Oncol 2009, 27:6041-50.
  • De Lavallade et al. Imatinib for newly diagnosed patients with chronic myeloid leukemia: incidence of sustained responses in an intention-to-treat analysis. J Clin Oncol 2008, 26:3358-63.
  • Hochhaus A et al. Dasatinib-associated major molecular responses in patients with chronic myeloid leukemia in chronic phase following imatinib failure: Response dynamics and predictive value. Leukemia 2009, 23:1628-33.
  • Hochhaus et al. Dasatinib induces durable cytogenetic responses in patients with chronic myelogenous leukemia in chronic phase with resi stance or intolerance to imatinib. Leukemia 2008, 22:1200-6.

Ultimo aggiornamento: Ottobre 2010



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