Tutta colpa del fosforo, o meglio del fosfato. Un piccolo gruppo chimico in grado di governare una molteplicità di funzioni fondamentali per il metabolismo e la moltiplicazione cellulare che, semplicemente attaccandosi più o meno estesamente a questa o a quella proteina, può decretare il destino di salute o di malattia di una persona e/o la sua possibilità di rispondere più o meno bene a una terapia. Nel caso dei pazienti affetti da leucemia mieloide cronica (LMC), per esempio, un'alterata distribuzione dei gruppi fosfato su specifiche proteine implicate nella trasmissione di informazioni critiche all'interno delle cellule del midollo osseo (da cui derivano tutte le cellule del sangue) può fare la differenza sulla possibilità di imatinib, farmaco capostipite degli inibitori delle tirosinchinasi (TKI), di tenere sotto controllo la proliferazione delle cellule leucemiche e, quindi, la malattia per molti anni. A questa evidenza sono arrivati gli ematologi dell'Università di Helsinki (Finlandia) confrontando i profili di fosforilazione dei pazienti che rispondevano adeguatamente a imatinib e di quelli che non traevano sufficienti vantaggi dal trattamento. Attraverso una raffinata analisi proteomica i ricercatori sono riusciti a esaminare contemporaneamente tutte le proteine presenti nelle cellule del midollo osseo di ciascun paziente con LMC e a capire quali erano legate a un gruppo fosfato e quali no. Questa nuova informazione avrà ricadute terapeutiche estremamente importanti perchè ripetendo la stessa analisi proteomica subito dopo la diagnosi di LMC permetterà di individuare i pazienti che avranno, fin dall'inizio, poche probabilità di trarre giovamento da imatinib e che dovranno, quindi, essere preferibilmente trattati in prima linea con farmaci alternativi (TKI di seconda generazione).
Fonte: Jalkanen SE et al. Exp Hematol, 2012
Pubblicata il 15 Giugno 2012.