News
Come prevenire le recidive dell'epatite B nella LMC
Nei pazienti oncologici precedentemente infettati dal virus dell'epatite B, l'assunzione della chemioterapia necessaria per contrastare il tumore tende a riattivare il virus che, nonostante la fase acuta dell'epatite sia stata superata magari da decenni, continua a permanere in modo silente nell'organismo. Questa riattivazione, dagli esiti potenzialmente letali in pazienti così fragili, dipende dalla riduzione delle difese immunitarie che si instaura come effetto collaterale del trattamento antitumorale. Nei pazienti affetti da leucemia mieloide cronica (LMC) che assumono imatinib questo fenomeno non dovrebbe verificarsi dal momento che il farmaco capostipite degli inibitori delle tirosinchinasi (TKI) è un composto a target molecolare, studiato per contrastare soltanto il difetto fondamentale all'origine della LMC. In realtà, dati recenti indicano che anche imatinib, in una certa misura e con modalità ancora da precisare, può alterare la funzionalità dei linfociti T, lasciando al virus dell'epatite B maggiori possibilità di riattivazione e moltiplicazione. Un gruppo di ematoncologi cinese conferma, però, che evitare questo problema, raro ma non banale, è possibile. È sufficiente seguire le indicazioni delle Linee guida dell'European Association for the study of the liver (EASL) che raccomandano di somministrare a tutti i pazienti oncologici (compresi quelli affetti da LMC) con anticorpi per il virus dell'epatite B, una terapia antivirale preventiva (possibilmente) con diverse settimane di anticipo sull'avvio delle terapie antitumorali.
Fonte: Wang YD et al. Hepatitis B virus reactivation in a chronic myeloid leukemia patient treated with imatinib mesylate. Chin Med J (Engl), 2012; 125(14):2636-37 (http://www.cmj.org/Periodical/paperlist.asp?id=LW2012717477893109472&linkintype=pubmed)
Pubblicata il 14 Settembre 2012.