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Difetti cromosomici multipli predicono l'efficacia della terapia



Oggi che per il trattamento di prima linea della leucemia mieloide cronica (LMC), ossia quella somministrata subito dopo la diagnosi, sono disponibili diverse opzioni terapeutiche, è essenziale capire quali pazienti hanno maggiori probabilità di rispondere adeguatamente all'una o all'altra per somministrare fin dall'inizio il farmaco più efficace e ottenere un miglior controllo della malattia nell'immediato e a lungo termine, con minori effetti collaterali.
Un recente studio italiano condotto dal GIMEMA (Gruppo Italiano Malattie EMatologiche dell'Adulto) su 378 pazienti affetti da LMC e positivi per la presenza del cromosoma Philadelphia (Ph+), difetto chiave della malattia, offre ora un mezzo in grado di predire la qualità della risposta iniziale alla terapia con imatinib e, su questa base, stabilire se sia appropriato somministrare questo farmaco o se sia preferibile orientarsi fin dall'inizio su un inibitore delle tirosinchinasi (TKI) di seconda generazione. In particolare, a guidare la scelta dovrebbe essere il riscontro di anomalie cromosomiche aggiuntive, oltre a quella caratteristica del cromosoma Philadelphia. L'analisi del GIMEMA ha, infatti, verificato che nei 21 pazienti del campione (5,6%) con difetti cromosomici multipli sia la risposta citogenetica sia quella molecolare al trattamento con imatinib erano notevolmente inferiori e si instauravano molto più lentamente di quanto non avvenisse nei pazienti soltanto Ph+.
Anche l'esito clinico a lungo termine, inoltre, è apparso peggiore nei primi, benchè in misura non statisticamente significativa. Se confermati, questi dati potrebbero rivelarsi estremamente preziosi per ottimizzare l'approccio di cura fin dall'esordio della malattia, migliorandone il controllo e, con esso, la qualità di vita dei pazienti.

Fonte: Luatti S et al. Additional chromosomal abnormalities in Ph positive clone: adverse prognostic influence on frontline imatinib therapy, a GIMEMA WP on CML analysis. Blood, 2012; doi: 10.1182/blood-2011-10-384651 (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22692507)



Pubblicata il 28 Giugno2012.


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